Cambiamo residenza, cambiamo scuola, cambiamo compagni e commessi al supermercato, cambiamo anche il bar. Non cambiamo guardaroba, nè utilitaria (che ancora dovrà rendersi utile per almeno una decina d’anni, e so che può farcela).
Cambiare porta bene, apre gli occhi, smuove abitudini impolverate, rinnova gli animi. Cambiare è scoprirsi uguali nonostante tutto, trovare certezze nel mutamento, riempire nuovi spazi e incontrare a poche settimane dall’inizio della scuola materna la Cafona D.O.C. che ci trascineremo probabilmente fino alla fine delle elementari.
La Cafona
La Cafona è quella che pure a spiegarglielo, non ce la fa. E’ quella che l’ultima parola le pende dal labbro tipo bava, con le unghie pittate di colori sgargianti e capelli lucidi tirati all’indietro. Disconosce i colori tenui e la pacatezza del tono su tono. Il suo nero è nero lucido e i suoi tacchi rimbombano nei corridoi della scuola come percosse.
Accadde un giorno, che all’uscita da scuola la topola in lacrime notasse la scomparsa di passeggino con bambino Bambu parcheggiato regolarmente insieme a bici, monopattini, ombrelli, trattori, moto e quant’altro si possa portare a scuola, di fronte all’ingresso principale, rigorosamente all’interno del cortile. Datosi che la topola ha uno spiccato senso materno, rompe in un pianto straziante, sinceramente turbata per l’assenza di suo figlio Bambino Bambu, e io da ingenua e onesta cittadina neo residente quale sono la rassereno sostenendo con convinzione che lo avremmo ritrovato il mattino successivo. ‘Sicuramente’ ho detto. ‘Assolutamente’ ho ribadito.
Ovvio che il giorno dopo passeggino con bambino Bambu non c’era, e nemmeno il giorno successivo o quello dopo ancora. E così di giorni ne sono passati quasi 10. Una piccola spia, che ci viene anche parente, ha però riconosciuto la malcapitata, indicandomi quale creatura si fosse allontananta con bambino Bambu con tanta convinzione che non si poteva certo mettere in dubbio la veridicità della soffiata, nonostante la giovane età.
Eccomi dunque, al momento dell’incontro
IO_ Mi perdoni Signora, mi hanno detto (non faccio nomi brutta cafonaccia) che sua figlia si è allontananta con passeggino con bambino Bambu da scuola..
CAFONA_ Si, è a casa mia
(silenzio)
IO_Mi perdoni, Signora, quando aveva intenzione di riportarlo?
CAFONA_L’avrei riportato, ma era lì abbandonato. Se lo vuoi te lo riporto.
1. non era abbandonato, 2. non avevi intenzione di riportarlo, 3. ti ho sgamata, 4. se non cambi tono mi arrabbio davvero
Perchè, chiariamo, non mi stai facendo un favore, hai preso una cosa che non ti apparteneva e l’hai sottratta a una bambina, che accidentalmente è mia figlia, ma secondo un principio più ampio e condivisibile, è una bambina che adesso pensa che nella scuola nuova le portino via le cose, e siamo solo all’inizio del ciclo completo…
IO_Certo che vorrei lo riportasse, non capisco in primo luogo perchè lo abbia preso e comunque perchè non lo abbia riportato il giorno successivo
(è vero, avrei potuto andarmene e chiuderla lì, ma se il tono dice quello che le parole non dicono, e capisco che mi stai praticamente mandando a quel paese, allora mi ci ficco)
CAFONA_ Non riuscivo a staccare la mia bambina da quel passeggino, ho dovuto prenderlo, piangeva come una matta
IO_ Allora ha pensato bene di far piangere la mia. Capisce che non si fa? Siamo in una scuola, sono bambini, dovrebbero sentirsi sicuri e invece lei per non far piangere sua figlia prende una cosa che non le appartiene, ma appartiene ad un’altra bambina come la sua. Mi permetto di farle notare quanto sia poco educativo, oltre che incivile
CAFONA_ Ma smettila, ti ho chiesto scusa, è un gioco no? Ci sono bambini in ospedale..
Giuro, nessuna parolaccia è uscita dalla mia bocca. I bambini in ospedale ci sono, e altri ancora non se la passano certo bene, e sono tanti, troppi, e comunque continuo a non capire come questo ti autorizzi a comportarti così, a insegnare a tua figlia che può prendere quello che vuole, a non spiegarle che può giocare e poi restituire, che possono giocare insieme anche tutti i giorni.
Se fosse stata la topola, lo avrei fatto restituire a lei di persona, con tante scuse e un abbraccio.
Ma se pensi che mi interessi il giocattolo, se pensi che il problema sia il suo valore (come mi dimostri riportandolo dentro una borsa con tanto di monetine da pochi centesimi per segnare il tuo ultimo punto), allora mi convinco che anche a spiegartelo davanti a una birra, non ci puoi arrivare. Che non cogli la tristezza del gesto, in una scuola. Perchè se lo avessero fatto a tua figlia, per farla smettere te ne saresti fregata un altro sentendoti in diritto di farlo, e te ne saresti pure andata contenta per aver fatto giustizia.
Ora tu non ci arrivi, ma per le tue figlie potrebbe ancora non essere tutto perso. Rifletti. Provaci. Fai un tentativo.
E se penso che quando ce lo ha riportato, la topola mi ha sussurrato all’orecchio ‘che gentile questa signora, ce lo ha restituito’, mi piglia un coccolone, e avrei voluto dirle ‘gentile un par di balle amore, quella Cafona te lo ha portato via senza chiedertelo, che tecnicamente è un furto, e lo ha riportato solo perchè l’abbiamo sgamata’ invece ho detto solo ‘Già topolina, davvero gentile, adesso ringraziala che riportiamo bambino bambu a casa’